La bambola del Cometa Off è Giada Prandi in Anna Cappelli

Fino a domenica 5 marzo è possibile recarsi al teatro testaccino Cometa Off della Capitale per assistere allo spettacolo Anna Cappelli, storia di un’impiegata nella Latina degli Anni ’60, scritto da Annibale Ruccello, diretto da Renato Chiocca e interpretato da Giada Prandi.  Anna è una giovane donna che lascia la città natia per recarsi a Latina come impiegata, costretta a vivere con una signora dalla quale ha fittato una stanza. Non le piace la nuova dimora sia per la polvere, la presenza dei gatti e la mancanza di privacy: è inquieta. Tipica figura femminile dell’epoca che lascia la famiglia d’origine con la quale non è ancora in grado di recidere il cordone ombelicale e con la quale ha un rapporto irrisolto, probabilmente per un vivo confronto con la sorella verso cui prova un po’ di gelosia. Sono gli anni del boom economico, le femmine sono alla ricerca di quella emancipazione della quale si parla molto ma che non è ancora stata raggiunta. L’obiettivo di una donna media? Trovare un marito e avere dei figli. Anche Anna la pensa così quando incontra il suo Tonino che la conduce nella sua abitazione dove vive assieme a una vecchia cameriera che la tratterà come un’ospite non desiderata. Trascorrono due anni. Anna brama la maternità ma l’uomo rimanda sempre, viene licenziata la fastidiosa domestica così Anna si prende cura della casa diventando anche lei un pezzo di antiquariato, aggiustandosi come desidera il suo uomo, annientando la sua personalità, fingendo una modernità che non le appartiene perché anche lei vorrebbe convolare a nozze. Ma chi a quei tempi non desidera indossare un abito bianco, stringere un bouquet tra le mani e raggiungere l’altare? Questo, però, non è l’obiettivo di Tonino che, improvvisamente, desidera tornare in Sicilia senza la convivente, alla quale è concessa una settimana di tempo per lasciare l’appartamento, vista la sua imminente partenza. Si sa, le donne quando sono colpite nel profondo, perdono il controllo, forse no… Anna lo riacquista. Perché abbandonare la casa, dare la possibilità a qualcun’altra di prendere il suo posto e tornare in una società non tanto moderna da accettare una donna di seconda mano? Anna ha il tempo di meditare e realizzare la sua vendetta. Medea lo ha fatto in sole 24 ore, lei ha 7 giorni. Buddha sostiene che mangiare la carne spenga il seme della compassione ma Tonino prova compassione per Anna? No, allora cibiamoci di lui, del suo cervello sede della ragione o del cuore, nido del sentimento? Non importa perché Tonino è ormai carne della sua carne. È entrato dentro di lei in tutti i sensi: nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito… Come può lasciarla? La donna diventa prigioniera di se stessa, delle sue paure, del giudizio degli altri, di quella dimora ormai divenuta una prigione e dalla quale non riesce più a uscire.

Lo spettacolo funziona. La scenografia seppur essenziale è eloquente. Giada offre il meglio di sé “divorando” il personaggio di Anna. Faccine, occhi sgranati, buona la mimica facciale. Il finale un po’ ridondante ma comunque affascinate. Speriamo che l’epoca delle bambole sia finita… E che gli uomini, a differenza di questa messa in scena, finiscano di mettere loro le mani addosso.