Tenuta tre cancelli: il sapore etrusco…




Cerveteri è una piccola bomboniera adombrata, ingiustamente, dall’ancora grandezza e popolarità di Roma. Cittadina nota per la necropoli etrusca, accarezzata della brezza marina del Mar Tirreno, incastonata nella fitta vegetazione, ancora oggi, mantiene un mistero e un fascino che si respira appena la si raggiunge. In una delle frazioni della meta etrusca è presente il Castello di Ceri che sorge su un altipiano tufaceo, conosciuto anche come Palazzo Torlonia. Si tratta di una cremosa millefoglie nella quale si stratificano civiltà e reperti di epoche disparate. Numerose le famiglie nobili che si sono succedute come Alberteschi, Orsini, Odescalachi. Location adibita anche per grandi eventi che proiettano i fortunati avventori in un’altra dimensione tra affreschi, candelabri, segni zodiacali, stanze luminose e ampie. A prendersene cura con devozione e rispetto è la general and event manager Marina Morelli.
Si sa gli Etruschi erano dei grandi estimatori del vino, lo dimostrano i colorati affreschi tombali, moderni nei confronti del gentil sesso. Alle consorti era permesso partecipare ai luculliani banchetti, assaggiare il vino e nascondersi sotto una coperta con il proprio sposo, lasciandosi trascinare con disinvoltura dalla propria intimità. Amanti del senso estetico e degli oggetti preziosi. La loro origine resta ancora incerta.
È qui che nasce la Tenuta tre cancelli, dalla volontà di Liborio nel 2001, poi dal 2010, coadiuvato dall’agronomo e socio Silvio Pulcinelli. Papà Gerardo assieme al fratello Carlo al quale è dedicata una bottiglia, Zio Carlo, inizia a lavorare per la cantina sociale. La richiesta si basa su uve internazionali come Chardonnay, Sauvignon Blanc, poi Trebbiano, Sangiovese, Montepulciano… Il tempo trascorre e si avverte la necessità di costruire una propria identità e di una ricerca dei vitigni italiani da coltivare su suoli variegati come vulcanico, calcareo e alluvionale.
Le etichette sono tante, legate da una spiccata acidità, una buona predisposizione all’invecchiamento, un epilogo sapido e una reale mineralità.
Alsium 2021 (Vermentino 100%) il cui nome si ispira a un’antica cittadina etrusca, probabilmente dotata di un porto, a pochi chilometri da Fregene. Nomen omen avrebbero detto i Romani: il nome è un presagio. Un bouquet sapito e agrumato è un inno alla bella stagione, all’estate, al calore del sole, dal giallo paglierino che allieta lo spirito e il palato. La bottiglia? Finisce subito.
Lo Chardonnay Mastarna 2021 nome originale, a partire da un certo periodo della storia, del sesto re di Roma, Servo Tullio, forse magister populi. Infatti il sorso dalle nuance più accese attira la folla. Un latin lover che si lascia apprezzare in tutta la sua galanteria. Citronella, acacia, in bocca prendono le sembianze di una succosa pesca gialla. Accattivante.
Emira 2020, il cui nome è un omaggio alla determinata e battagliera madre di Liborio, (Sangiovese e Merlot) dal colore pesca sprigiona sbuffi di melagrana, litchi, petali di rosa. Al gusto un epilogo mordace e succulento. Ottimo per le zuppe di pesce.
Pacha 2021, divinità etrusca simile a Dioniso, (40% Sangiovese, 40% Montepulciano, 20% Merlot) pennella pietre di rubino sul calice che sarebbero state gradite alle donne benestanti rinascimentali. Sebbene non incontri il legno è copioso con un’eccezionale corrispondenza tra naso e bocca. Pepe rosa, coriandolo, ribes rosso, canfora. Tannini vellutati accarezzano il cavo orale in modo sensuale. Un bacio carnoso, degno delle baccanti che lo avrebbero certamente apprezzato e con il quale avrebbero abbeverato non solo la bocca ma anche il corpo.
753 Roma Doc (50% Montepulciano, 35% Sangiovese, 15% Cabernet) anno di fondazione della Capitale del mondo è una bottiglia grintosa, più di altre con la medesima denominazione. Carattere poliedrico. Carruba, rabarbaro, ginepro, magnolia si amalgamo proprio come i tre vitigni.
Lituo 2020 (Merlot 100%) il cui nome vagheggia il bastone etrusco ricurvo a un’estremità probabilmente dalla funzione anche rituale, tenuto dai signori del tempo, a una degustazione alla cieca potrebbe trarre in inganno. Mascolino, pepe nero, sorba, mora di gelso al sapore presenta una spiccata personalità. Scia di arancia sanguinella.
Zio Carlo 2017 (Chardonnay 100%) dagli archetti dorati assieme a Siborio 2017 (Sangiovese 100%) sono due fuoriclasse. Nel primo burro fuso, brioche, ginestra, lime, menta, salvia in bocca mutano in cedro candito, susina gialla. Caloroso, avvolgente, nitido proprio come l’ abbraccio di un affetto familiare. Siborio colpisce il bersaglio. Un ventaglio variegato di aromi che parte dall’humus, attraversa la curcuma, la paprika dolce per poi sfiorare cacao, lampone, una nota lattica, trasformarsi in un malizioso cioccolatino che racchiude dentro la ciliegia. Scioglievolezza.
Tre i cancelli intorno la tenuta come la sintesi per la cabala, la Trinità, le tre generazioni tra Gerardo, Liborio ed Elisa e Naomi. Tre anche le future donne di questa promettente cantina assieme alla figlia del colorito e schietto Silvio, Selvaggia… Chissà forse il vino sarà donna.

