Teresa Raiz: calici femminili e vezzosi

E mentre la società sembra mettere all’angolo il gentil sesso tra femminicidi, la terribile situazione delle ragazze afgane, le difficolta quotidiane; le donne permangono in prima fila in molti ambiti… Le nove muse sono femmine. È Beatrice a ispirare Dante, Laura a Francesco Petrarca, Fiammetta a Giovanni Boccaccio ma l’elenco sarebbe troppo lungo.

Sui social è presente una giovane avvenente di nome Sara che, in modo spiritoso, pubblicizza le etichette dell’azienda del marito: Teresa Raiz. Il volto di Teresa riveste curvilinee bottiglie. È la nonna di Paolo Giuseppe Tosolini, suocero di Sara, che nel 1971 decide di coltivare una passione di famiglia: la vite, nell’area di Povoletto (Udine) attraverso il metodo di allevamento guyot, molto fitto, vagheggiando la tradizione.

Il Friuli Venezia Giulia è sempre stata considerata una terra di confine, abitata da grandi lavoratori, aria pulita, paesaggi mozzafiato, colline sinuose, disparati suoli che variano dall’alluvionale al marnoso – arenaceo, escursioni termiche che regalano agli acini d’uva aromi pregiati, calici intensi, ariosi, minerali.

Teresa Raiz declina tre vitigni in maniera netta:

Il Friulano 2020 sfila un abito paglierino dai contorni luminosi. Il bouquet è estroverso. La susina si alterna alla pesca, sbuffi di miele di acacia, biancospino, mimosa in bocca si esaltano grazie a una buona sapidità dal finale ammandorlato. Il Pinot Grigio 2020 allo sguardo è un velo trasparente dai riflessi preziosi. Il sorso, preceduto da note cedrine, a tratti mango, mela verde croccante in bocca è un fuoriclasse, compagno perfetto di appetitosi crostacei. Finale lungo, appagante, salino. La Ribolla Gialla rimane la regina della regione. Gli ultimi studi del DNA delle uve dimostrano che potrebbe essere considerata un’uva autoctona. Presente anche in Slovenia e nell’isola di Cefalonia… Forse sono stati proprio gli italiani a condurla lì. L’espressione spumantizzata, attraverso il metodo Charmat, acchiappa. Si lascia annusare, assaporare, gustare, si tiene il calice pieno anche per osservare la qualità e la durata del perlage… Un compagno di chiacchiere, un amico vezzoso al quale confidare i propri segreti. Nei tempi di Giuseppe Parini lo avremmo definito un indispensabile cicisbeo.