Il mondo dei filosofi secondo Giuseppe Cappello
“Il quadro al quale sono più legato è a casa mia, lo osservo tutti i giorni – forse per trovare uno spunto diverso, un particolare impercettibile – il titolo è Il geonauta. Uomo stilizzato che emerge dalla sabbia, con una barca vicino, il mare accanto e il cielo che lo sovrasta”. Eppure il professore Giuseppe Cappello, nato e cresciuto in un ambiente culturale stimolante e vivace grazie al padre Biagio Rosario, più noto come Saro, allievo di Guttuso e alla madre Rosaria, professoressa di Lettere Classiche, avrebbe potuto citare un’opera più nota, invece no. Forse per l’idea del naufrago che, probabilmente, lo avrà rappresentato per alcuni anni, forse perché, inconsciamente, la descrizione sembra il momento nel quale Odisseo, dopo 20 anni, approda nella sua petrosa Itaca perché, satollo del viaggio, desidera riabbracciare la moglie Penelope e il figlio Telemaco. Giuseppe sostiene che l’atto più rivoluzionario sia il mantenere lo status quo, tenere i piedi ben saldi a terra, quasi come un albero abbarbicato al suolo dalle radici profonde e lo sguardo rivolto all’orizzonte, con la chioma accarezzata dalla brezza che gli offre serenità e lo ispira. Personaggio istrionico, docente di Filosofia e Storia nella Capitale, ha raggiunto disparati traguardi soprattutto attraverso varie pubblicazioni. Ultimo nato? Il mondo dei filosofi, Armando Editore. Una carrellata di pensatori dalle origini fino al XX secolo. Progetto ambizioso nel quale l’autore acchiappa tutti: studenti indisciplinati con poca predisposizione allo studio, appassionati di filosofia, neofiti, nostalgici. Cappello dimostra un’abilità non solo di scrittura, già avvezzo, ma di comunicazione, parola abusata, violentata, il cui significato (cum munis) possiede un’incredibile profondità e un senso di responsabilità che Giuseppe possiede. Giovane uomo, estroverso, buona forchetta, dall’aspetto rocchettaro, occhi espressivi, favella sciolta, un po’ permaloso, interessante interlocutore. Sebbene laico, ha una moralità ferrea, assimilata attraverso lo studio del pensiero filosofico dei numerosi “sapienti” che ha amato, apprezzato, omaggiandoli con questo volume che si legge in un fiato. Il linguaggio è lineare, i protagonisti attraverso le loro parole diventano un tutt’uno con l’autore, talmente impregnato dai loro pensieri che, a sua volta, è portavoce e filosofo. I “saggi” diventano ritratti iconografici nei quali si scorgono Karl Marx e Friedrich Engels attenti a scrivere, l’uno accanto all’altro, in maniche di camicia; John Locke dalla chioma canuta e fluente intento a pensare; Eraclito dalla fronte aggrottata per l’incessante ricerca della verità. Portrait in trompe-l’œil nei quali i soggetti visti da un’altra prospettiva, più umana, più fruibile, più adatta a noi.
L’allettante testo è anche frutto di anni di precariato, di studio incessante, di esperienze tra i banchi di scuola dai quali spesso si è intrappolati e nel contempo attratti. Cappello non è un professore è un solista, un direttore d’orchestra, un cantante che, attraverso il lancio della bottiglia nell’oceano, scrive tanti messaggi che si trasformano in un romanzo, il romanzo della vita, dell’esperienza, della morale, dell’eros, del pathos.
Alla domanda come concepisce l’insegnamento risponde: “In fondo, come dice la canzone, è una vita da mediano. Quello del professore è la posizione privilegiata di chi si trova fra due fuochi; due sacri fuochi. Quello dei classici che a ogni epoca si rinnovano parlando in maniera universale a ogni tempo e quello dei giovani che ancora sono in grado di ascoltare una parola che non sia quella cristallizzata nella temperie di un tempo determinato. Insomma, una vita da equilibrista che trova le sue fatiche e le sue gioie in quella nota di eterno che attraversa e lega nella storia le generazioni nella loro dimensione in cui appunto “l’uom s”etterna”.
Unica certezza? Avere il professore Cappello come docente è un privilegio perché va oltre le Colonne d’Ercole.