I Cannonau di Mamojà e non solo…

 dav

Sardegna, Sardinia, per alcuni Atlantide, regione simbolo dell’Italia per le spiagge coralline, la presenza dei nuraghi, il formaggio pecorino, la qualità delle carni, l’abilità, in alcune zone, di preparare il pesce. Troppo lunga sarebbe la lista per descrivere una regione su molti aspetti infinita e profondamente misteriosa.

Celebre anche per i suoi nettari, faraone è il Cannonau. Tra le zone di produzione più vocate emerge la leggendaria Barbagia più volte citata da Dante nel suo immortale poema. Chissà quale fascino dovevano sprigionare le donne native di questa zona, descritte dal sommo poeta come scollacciate. Improbabile che fosse realmente così … La convinzione errata nasce, chissà, proprio dall’impenetrabilità di questa area che sembra, sempre, nascondere qualcosa nella fitta vegetazione, generatrice di una meravigliosa macchia mediterranea.

Mamoiada, luogo circondato da colline che da lontano appaiono delineare seni femminili, forse gli scolli licenziosi citati da Alighieri che probabilmente non ha mai visitato l’isola, pitturati di un verde cangiante. Qui, nel cuore della Sardegna, nasce nel 2015 Mamojà, associazione culturale costituita da 70 soci con l’obiettivo di promuovere e valorizzare quel territorio legato naturalmente al vino, preservandone l’identità e l’unicità. Trecento ettari di vigneto nei quali spicca il Cannonau, felicemente accompagnato dalla Granatza, principessa autoctona, luminosa. Vigneti che raggiungono i 736 metri s.l.m.  La natura respira e con lei tutti i fortunati grappoli che, rivolti verso l’alto, sembrano bearsi, accarezzati dal vento e baciati dal sole. Buone le escursioni termiche.

Cantina Sannas nasce nel 2016 dalla volontà di Piergraziano Sanna che decide di trasferirsi a Mamojada perché intuisce la determinazione dei vignaioli a voler concepire un buon prodotto e soprattutto a non voler cambiare il ciclo naturale delle cose. I veri nettari si producono con poche interferenze esterne. Proprio in questi giorni Piergraziano è alle prese con i suoi nuovi vigneti.

Maria Pettena 2018, fermentazione spontanea e macerazione sulle bucce, attrae per il colore corallo trasparente, elegante e vezzoso. Un rosato che rammenta la pesca rossa, la fragolina di bosco, leggeri sbuffi di lampone che ne esaltano la leggiadria, se si rotea ancora il calice fuoriescono sentori di rosa canina e un soave pepe rosa. In bocca una spiccata acidità, dal finale lievemente agrumato di arancia sanguinella, reso speziato da pennellate di coriandolo.

La cantina Giorgio Gaia ha quattro anni di età e nel 2019 si è estesa con l’acquisizione di un vigneto secolare. Tanti i progetti di Giorgio che ha già in mente altre etichette.

Il Rosso Riserva 2017 nasce da vigne di 60 anni, sosta per dodici mesi in piccole botti di rovere esausto per poi affinare almeno otto mesi in bottiglia. Ondeggianti archetti rubino lambiscono il vetro. Ciliegia matura, carruba, rabarbaro su ventate di pepe nero, impalpabile nota cedrina su uno sfondo di ginepro. Ancora prugna e mirto.  Allontanando il calice piacevoli note smaltate. Il sorso garbatamente rotondo è più caldo che sapido. Forte personalità dall’epilogo che inneggia al piacere del Mon Chéri.

Gianluigi e Marcella sono la coppia della cantina Montisci Vitzizzai. Hanno deciso di stare insieme non solo per amore ma anche per condividere il progetto di creare vini che possano lasciare nella memoria dell’avventore il loro ricordo.

Istimau rosso 2019 è un giovanotto estroverso dai buoni propositi. Rubino quasi impenetrabile, a tratti purpureo, nel quale note piacevolissime di lampone, ribes, ciliegia, uva spina si susseguono come tanti colori di una medesima tavolozza. Delicati soffi di resina e la dolce speziatura del coriandolo su un letto di mora di rovo magnetizzano l’assaggiatore. La bocca è avvolgente, i tannini vellutati. Epilogo balsamico.

È la maschera carnevalesca di Juvanne Martis Sero, che riesce a vivere solo 24 ore, nascendo di martedì grasso per poi perire bruciata in piazza, a ispirare l’etichetta Martis Sero rosso 2019 dei fratelli Pino e Giovanni, cantina Vignaioli Cadinu. I giovani cresciuti a contatto con la terra grazie ai genitori credono nel legame indissolubile tra uomo, Carnevale e nettare di Bacco. Mescolanza di tradizione e passione che genera un vino che fa solo acciaio per preservare l’identità del vitigno. Una pennellata color granato quasi compatta dispensa armonie selvatiche di sella di cavallo che poi scompaiono a favore della macchia mediterranea e si immergono nel verde degli aghi di pino, del lentischio, dell’humus, della terra bagnata per terminare con il profumo dell’erba appena tagliata. Acidità e sapidità si amalgamano in un assaggio dai tannini laccati che lasciano il palato desideroso di un nuovo sorso.

Ha appena due anni l’azienda agricola Mario Golosio, ragazzo determinato che con due ettari di terreno cerca di seguire le orme dello zio. Il bisnonno aveva iniziato a produrre vino all’inizio del 1900 e Mario vuole emularlo, consapevole che la sua impresa è più ardua. Da una piccola produzione familiare vorrebbe far conoscere il suo prodotto nel mondo; perché no, visto che proviene da una famiglia di commercianti? L’età delle viti varia dai 10 ai 50 anni e alcune raggiungono i 730 m. Il suo Pramas 2019 è il primo imbottigliato dall’azienda. La maturazione avviene in tonneaux da 500 litri. Ciliegia e prugna mature, mela cotogna, gelso rosso su un trono di marron glacé con sottili sospiri di goudron generano il quadro di un vino molto particolare, identificabile anche in una degustazione alla cieca. È un sorso che si lascia desiderare, che necessita di più tempo per essere inteso, come un uomo elegante che difficilmente si palesa. La vis alcolica delinea un sapore che corrisponde perfettamente all’analisi olfattiva. Finale raffinato.

Chi non conosce l’ospitalità di Andrea Casseddu? Volto indimenticabile dell’enoteca La rossa di Mamoiada. Dalla vendita delle bottiglie è passato all’acquisto delle uve. Il suo sogno nel cassetto? Realizzare una cantina tutta sua nella quale poter ospitare tante persone per sorseggiare il suo vino. Il rosso 2019 nasce grazie anche all’enologo Simone Sedilesu. La maturazione del prodotto è di 12 mesi e avviene in tonneaux di rovere francese Allary. Un drappo color rubino chiaro, piacevolmente trasparente, inebria le narici attraverso profumi rettilinei, puliti, ben delineati che preannunciano un prodotto di qualità. Marmellata di mirtillo, scorza di arancia candita, piacevole liquirizia, delicata citronella, carruba, cacao spingono il fortunato bevitore a voler succhiare il liquido che al palato può assaggiare gli aromi percepiti all’olfatto. Tannini scultorei, freschezza leggiadra spingono la lingua al gesto quasi erotico di leccarsi le labbra.

 

Francesco Sedilesu e Rosa Muggittu assieme ai figli Giovanni, con la moglie Elisabetta, Vincenza e Giuseppe gestiscono la cantina Teularju. Francesco è uno storyteller del liquido legato al culto di Dioniso. Berretto in testa, camicia quadrettata, amore per la propria terra ereditato dal nonno che lo invitava, da bambino, ad assaggiare il vino esclamando: “Il vino fa buon sangue”. E così è stato. Otto gli ettari della famiglia ubicati sull’agro di Mamoiada appunto in località Teularju. Si tratta di veri e propri cru con condizioni pedoclimatiche uniche.  OcruArana rosso 2019, occhio di rana, prende il nome dal particolare suolo granitico, misto a rocce metamorfiche verdi la cui storia resta terribilmente affascinante e rara. Un manto purpureo trasparente dalle iniziali note selvatiche cangianti, sfodera cenni di cacao, orzo tostato, punta di grafite sullo sfondo di un potpourri di rosa rossa e peonia, per giungere a note di visciole su sbuffi di erbe officinali. Sovrana è la mineralità. Secco, avvolge il palato con sensazioni lievemente torbate, caldo, con tannini compatti e finale grafitoso. Diverso è il “CaraGonare” rosso 2019 che prende il nome dal vicino Monte della Madonna di Gonare.  La natura del suolo è granitica con buona dotazione di sostanza organica. Nuance poco più carica del sorso precedente, nella quale danzano la china, il miele di castagno, il mallo di noce. Echi di coriandolo e curcuma preannunciano una tenue ceralacca, finale di ciliegia matura. In bocca è piacevolmente formoso, olio di canfora, tannini “saporosi” rilasciano una scia alcolica.

 

Giovanni Ladu si trova a Mamoiada in località S’Ena Manna. Giovane realtà descritta proprio da Giovanni dal volto sorridente e la voce emozionata. S’ena Manna 2019 è un rosato dalle sfumature del fiore di pesco. Delizia con profusione di melagrana, pesca, litchi, tracce di pepe rosa e cipria. Vispa acidità, moderatamente morbido, reminiscenze di pompelmo rosa accompagnano il finale.

È con semplicità e un po’ di pudore, tipico dei bravi sardi, che Francesco Mulargiu presenta la cantina che gestisce assieme ai fratelli e a sua moglie Marta e sulla quale sperano di costruire il proprio avvenire, provenendo già da una realtà vitivinicola.  Malarthana rosso 2018 è una pietra preziosa che matura un anno in botte di rovere esausto. Prato olfattivo molto accattivante giocato su sentori ferrosi e speziati come pepe nero, soave cumino, senape, scatola di tabacco. Finale mentolato. Sorso succulente, piacevolmente tannico. Esito dal cioccolato fondente.

Diversi i Cannonau di Simone Sedilesu, giovane enologo che dopo aver lavorato per alcuni anni in altre realtà, decide di creare la sua cantina che oggi ha cinque etichette contenenti Granatza, Moscato e Cannonau delineanti la cantina Vikevike.  Presentati il Cannonau 2019 e il Cannonau 2017, generati dalla medesima vigna Fittiloghe a 730 metri godono della maturazione di 18 mesi in acciaio. È come se i due calici fossero delle creazioni dello scultore veneto Antonio Canova. In entrambe è presente la medesima mano e se si dovessero incrociare darebbero vita ad Amore e Psiche. Annata 2019 è Psiche, dai contorni violacei, la flessuosa consistenza, il bouquet gradevolmente dolciastro caratterizzato da petali di viola, rosa rossa, lamponi, magnolia. Roteando il calice, dai cassetti della memoria riemerge la fragola della Big Babol, la succosità della pesca rossa. Sorso morbido, dalla personalità equilibrata, la frutta lascia un finale leggermente ammandorlato dai tannini “ciliegiosi”. Il 2017 è Amore, più vecchio di due anni, dall’unghia granato possiede aspetti più mascolini costituiti da ciliegia sotto spirito, corbezzolo, frutti di bosco, sorbo, glicine, ginepro, prevale la macchia mediterranea su uno sfondo speziato. Pepe nero, soavi chiodi di garofano, quasi impercettibile noce moscata. Vellutato con punte dai tannini eterei, una copiosa cornucopia di puro godimento.

Giunge al ventesimo anno di imbottigliamento la cantina Giuseppe Sedilesu. Prende il nome dal fondatore che, con la moglie Grazia, intuisce le potenzialità del territorio e l’unicità della realtà nella quale vivono spianando la strada agli altri produttori e precorrendo i tempi. Oggi a rappresentare i due coniugi è Salvatore. La cantina è una vera e propria bomboniera aperta ad artisti offrendo loro la possibilità di esibire le proprie opere. Bottiglie ben allineate, etichette ancestrali. I vini sono nitidi, puliti, alcuni rasentano la perfezione. Persone valide nel proprio mestiere che sanno come e dove arrivare. Possiedono la capacità di trasmettere la tradizione attraverso un tocco di innovazione, sempre a passo con i tempi. Il futuro si prospetta roseo.

La vezzosa trasparenza del violaceo Sartiu rosso 2019 matura per circa 8 mesi in vasche di cemento. Le note eteree invadono prepotentemente le narici per poi lasciarsi desiderare. Smalto, gradevoli ventate di acetone, la preziosità della cipria, velate ondate di talco si susseguono in modo elegante su una scia di ciliegia acerba, regalando un guizzo speziato. In bocca note di visciole e legni balsamici. È fresco e dal buon tannino.

Rosso rubino il Mamuthone 2017 dai sentori marsalati, ancestrali proprio come il suo nome, di macchia mediterranea, maggiorana, salvia e rosmarino, poi sprazzi di lentischio, cappero, alloro, olive in salamoia e una scia mentolata traccianti una strutturata personalità che nell’iter gustativo si conferma chiudendo con un’elegante scia di arancia sanguinella.

La brillantezza granato del Ballu Tundu rosso Riserva 2015 è un vero e proprio passo di danza sarda, come la sua etichetta. Il balletto di foglie di tè, mallo di noce, mandorla, mora di gelso, susina rossa, la carnosità dell’arancia candita, congiunti alla polvere di caffè regalano un ritmo armonico che può essere guidato solo da un grande maestro d’orchestra. La bocca è perfetta, resta piacevolmente pulita, giustamente idratata, desiderosa di un altro sorso di classe. Tannini piacevolmente succosi.

Francesco Cadinu e Simonetta hanno coniugato i loro sentimenti e la grande passione per la vite. La pianta sacra a Dioniso ha regalato loro la possibilità di rendere il loro amore reciproco, eterno e accessibile a tutti poiché racchiuso nelle bottiglie. I vigneti occupano sei ettari a un’altitudine di circa 650 metri, la cui età varia dai 20 ai 120 anni. Cannonau, Moscato e Granatza con loro raggiungono l’apoteosi.

Mattio 2019, 100% Granatza, vitigno a bacca bianca confuso per anni con la Vernaccia, sebbene faccia solo acciaio il colore palesa un velo piacevolmente dorato. La mineralità regna sovrana. L’incipit è caratterizzato da note di fiori di campo, fieno, pesca gialla, citronella. Si avverte il respiro di susina acerba confermato anche nel gusto. Freschezza e sapidità lo contraddistinguono. Chiusura lievemente cedrina.

Perdas Longas rosso 2019 è un vino che emoziona, ancora troppo giovane per essere gustato in tutta la sua copiosità. Ciliegia sotto spirito, marmellata di mirtilli su raffiche di incenso.  Ginepro, chiodi di garofano, lentischio per poi passare alla turgida carruba, ai soavi cenni ferrosi come la lama del coltello. Attraente acidità, tannini laccati, elegante mascolinità.

Antonio Mele gestisce la cantina assieme al fratello Salvatore. Il loro logo è rappresentato dall’austerità del corvo, proprio per il nome con il quale è chiamata l’area dei loro vigneti che si trovano a 650 mt.

Vinera rosato 2019 dalle sfumature color pesca regala all’assaggiatore leggere note selvatiche, corbezzolo, giuggiola su sbuffi di goudron, note ematiche e ferrose. L’assaggio è stuzzicante. La pesca acerba invade in modo saporito le papille gustative. Buone acidità e persistenza.

La versione rubino dalle pennellate purpuree Vinara rosso 2019 si lascia godere attraverso una miscela di ciliegia matura, melagrana, peonia, violetta, rosa canina su note ematiche di carne cruda, vernice su un tappeto speziato di pepe nero, coriandolo, dragoncello. Succoso, discretamente persistente, tannini levigati.

Merzeoro, merce d’oro o re magio; è detta così la cantina gestita da Melchiorre Paddeu. Cinque ettari di Cannonau e Granatza che auspicano di essere conosciuti celermente. Melchiorre rileva dal suocero una realtà prima destinata all’allevamento del bestiame oggi anche alla produzione del vino. Paddeu ha in mente il progetto di un agriturismo, noi gli auguriamo un grosso in bocca al lupo!

Marzeoro rosso 2019 è un infante con tanta voglia di crescere. Rubino trasparente nel quale si assemblano sentori come marmellata di amarene, ribes rosso, glicine, mirto su cenni ferrosi ed ematici. Pepe nero e grafite. Moderatamente morbido, discretamente persistente con adeguata spina fresco tannica.

Osvaldo Soddu è nato e cresciuto tra la natura e il lavoro del padre dal quale eredita un ettaro di terreno. Negli ultimi anni ha iniziato a riscoprire il suo amore per l’uva e possiede circa 4.000 ceppi allevati a doppio cordone speronato. Il Cannonau si declina in rosato, rosso e riserva.

La sua creatura Bruncu Boeli rosso 2019 nasce sotto una buona stella. Il rubino trasparente è impreziosito dalla dolcezza del Mon Chéri, da mirto, sandalo, zucchero filato, miele di castagno, muschio su sfondo di liquore alla ciliegia. Il calore dirige i giochi con fresca acidità e tannino saporito. Persistente.

Queste alcune testimonianze del prezioso vitigno dall’etimo assiro-babilonese “alberello nostro”, il re Cannonau così recitato da Gabriele D’Annunzio: “ A te consacro, vino insulare, il mio corpo e il mio spirito … Possa tu senza tregua fluire dal quarterolo alla coppa e dalla coppa al gorgozzule. Possa io fino all’ultimo respiro rallegrarmi dell’odore tuo, e del tuo colore avere il mio naso sempre vermiglio …”, uva ancora oggi oggetto di discussione, presente nell’isola chissà da quanti secoli.

Fil rouge della degustazione?

Buona acidità del prodotto, colore leggiadro e cangiante dal purpureo al granato, “saporosità” dei tannini, profumo di macchia mediterranea e predisposizione all’invecchiamento.

Un viaggio atavico in chiave moderna.