Il Parioli: Agnello di Dio ma toglie davvero i peccati dal mondo?

Lo scontro generazionale è sempre stato un tema caro già dai tempi antichi. Terenzio ne è un maestro, lo sceglie come argomento di alcune sue commedie, poiché desiderava che all’uscita dal teatro gli spettatori riflettessero su ciò che era stato messo in scena. Ed è questo che accade dopo aver assistito allo spettacolo al Il Parioli fino a domani: Agnello di Dio di Daniele Mencarelli e diretto da Piero Maccarinelli. Quattro i protagonisti, dei quali tre principali. Samuele (Alessandro Bandini) è un giovane studente di una scuola cattolica prestigiosa ed è convocato assieme al padre (Fausto Cabra) per discutere su un tema svolto dal figlio in classe, dai contenuti un poco allarmanti. Ad aspettarli Suor Lucia (Viola Preziosi) che era stata compagna di scuola del genitore e che, dopo anni, è riuscita ad affermarsi socialmente. Il tutto condito da un’altra sorella, Suor Cristiana (Ola Cavagna), schizzo allegro, dai sentimenti puri e profondi, sempre dalla parte dei giovani che entra ed esce di scena continuamente, con qualche scusa, per ascoltare l’evolversi della faccenda. Il testo è profondamente e tristemente attuale. Non si tratta solo di uno scontro generazionale ma di valori differenti, quelli di genitori affermati, presi dalla loro quotidianità, alla presa del successo che dialogano solo con loro stessi perché hanno smesso di interrogarsi, l’importante è l’apparenza, il sembrare la famiglia di successo, l’essere i primi nel proprio mestiere. I figli si generano, è vero, fondamentale è dar loro tutto senza che si sforzino. Pullula oggi il numero dei DSA, ovvero disturbi specifici dell’apprendimento. Dislessia, discalculia, disortografia ne sono alcuni sintomi. Spesso i genitori, però, accentuano queste difficoltà giovanili, non pensando che i propri figli possano avere dei momenti di debolezza, l’importante è trovare un buon tutor, uno bravo psicologo e tutto si risolve senza che il giovane abbia commesso il minimo sforzo, costruendo così figli deboli, incapaci di affrontare le difficoltà quotidiane. Samuele è un bravo ragazzo che riconosce la sua temporanea prostrazione e non la cela, anzi la manifesta ma non gli è permesso. Poi c’è Suor Lucia, un tempo Luciana, che ha più di un segreto da nascondere. Le sue umili origini e specialmente il fatto di essere stata vittima di una violenza di gruppo della quale era stato protagonista anche Marco, padre di Samuele, il quale non è cambiato per niente. Miserabile era e miserabile è rimasto. In realtà gli attori in scena non sono tre come si vorrebbe credere ma nove: ognuno guarda l’altro a suo modo, proprio come avrebbe detto Luigi Pirandello … Poi si potrebbe aggiungere lo sguardo esterno di Suor Cristiana così da rendere ancora il puzzle più complesso.

Il lavoro, nell’insieme funziona, talvolta i tempi sono un poco lenti, forse volutamente e le parti gridate un po’ forzate ma sembra di essere davvero dentro una scuola cattolica. Se ne avverte l’odore, l’atmosfera, il tipo di gente che la frequenta, l’ipocrisia che la delinea. Il tutto guardato dall’alto da un crocifisso che appare immobile e che Luciana, in quanto essere umano, invoca ripetutamente, perché restia al perdono… Ma come condannarla?

Lo spettacolo andrebbe visto da tutti specialmente dai ceti sociali benestanti i cui figli appaiono sempre più soli e deboli, incapaci di prendere decisioni. L’importante è che abbiano bei voti, senza alcuno sforzo e non disturbino. Lo show della vita deve sempre andare avanti.