Giuseppe Sedilesu e i vini di Mamojà

Ancestrale, forse è questo l’aggettivo più adatto a descrivere la regione più misteriosa del lungo Stivale: la Sardegna. Realtà autentica conosciuta soprattutto per le spiagge meravigliose, sabbia corallina, mare azzurro intenso, sole cocente. In realtà è tanto altro… Senso civico, gente contraddistinta per l’attaccamento al lavoro, legame alla propria terra. Uno dei pochi territori che è riuscito a preservare un’identità unica, inconfondibile conservando la propria dignità. Avvolta ancora oggi nel mistero la Sardegna per qualcuno è la leggendaria Atlantide di cui parla il filosofo greco Platone. Sarà vero? Non è lecito saperlo. È notizia sicura che possiede un suolo vocato alla produzione del vino. Tante le uve che la rappresentano anche esse impenetrabili per la loro differente etimologia. Vernaccia, Vermentino, Nuragus, Monica vitigni di origine accadica che rispettivamente significano “selezionato da versare”, “flusso di brillantezza”, “albero fruttifero altamente selezionato”, “che rende docile”  e ancora l’assiro Carignano, “uva da vino particolare”, o il babilonese Bovale, “ricercato, ambito”; ma il vitigno per eccellenza, più conosciuto, è il Cannonau dall’assiro-babilonese “alberello nostro”. Un puzzle ancora oggi indecifrabile ma altamente affascinate.

Al centro della Barbagia, area più volte citata nella Divina Commedia dantesca per i luoghi impervi e non solo, è presente un piccolo ma significativo paese di circa 2500 abitanti dal nome Mamoiada, provincia di Nuoro. Tanti i piccoli viticoltori presenti nella zona che in modo intelligente, a differenza di tanti altri, sono riusciti a creare un unico corpo più noto come Mamojà. Settanta teste accomunate dal medesimo obiettivo: promuovere il territorio. Trecento ettari di vigneto che si sviluppano su suoli di natura granitica di struttura sciolta e leggermente acidi che raggiungono un’altezza di 376 metri s.l.m., prevalentemente di Connonau con una piccola percentuale di Granatza, grappoli a bacca bianca per anni confusi con la Vernaccia.

Tra le personalità dell’associazione spicca Elisabetta Gungui. Lineamenti sardi, favella sciolta, attaccata al lavoro, ottimo Cicerone, è anche una delle colonne della cantina Giuseppe Sedilesu realtà sorta più di 30 anni fa,  dalle etichette preziose, simbolo principe i Mamuthones, maschere locali, tradizionali, imperscrutabili, la cui origine resta ancora controversa. L’azienda ha una vasta gamma di bottiglie che di sovente si uniscono a opere d’arte di giovani talenti che trovano spazio all’interno della cantina, su muri e piedistalli, dove poter entrare è un onore. I nettari preziosi dalle molteplici sfumature luccicano su calici trasparenti, ondeggiando su archi sinuosi. Le bottiglie in abiti scuri affascinanti, spogliandosi si lasciano gustare tra sfumature rosso granato, per passare a un velo di cipolla e concludere con un giallo oro antico. I sorsi sono di una pulizia estrema. Perfetti nella loro autenticità.

Altra cantina da segnalare è Canneddu. Raffaele, poi Tonino e oggi Marco si sono passati il testimone non solo nella gestione di una realtà familiare ma anche di valori. Principi che non seguono spazio e tempo ma che restano immortali, prigionieri nelle loro bottiglie. Il retro di un rosone giallo stilizzato in filigrana riveste i vetri. L’etichetta nel 2019 al Vinitaly è stata premiata dall’associazione Le donne del Vino. Impossibile non notarla, stile, gusto, finezza si intersecano. I calici sono schietti, rappresentano il territorio. Fil rouge? Sapidità e acidità. Piacevolissimo lo Zibbo, soprannome del nonno, rosato (Cannonau 100%) dalla scia piacevolmente fruttata.

Altro guerriero di zona è Antonio Mele. Piccola e recente realtà dei fratelli Antonio e Salvatore che decidono di intraprendere la strada di Bacco nel 2017, dedicandosi esclusivamente al Cannonau che si declina in Vinera, dalle sfumature rosso rubino che sprigionano note speziate, a tratti selvatiche, e Vinera rosato dal bouquet che ricorda la rosa canina e i piccoli frutti rossi. Entrambi dalla facile beva e dall’abbinabilità ai cibi. Antonio crede fortemente nel lavoro di gruppo e nella realizzazione dei propri sogni.

Impossibile non assaggiare il superbo Perdas Longas Riserva  (Cannonau 100%) di Francesco Cadinu, nettare pluripremiato generato da vigne di 120 anni. La maturazione in botti di castagno, per circa un anno, non acquieta la virilità e la prepotenza del vitigno, anzi ne migliora le peculiarità rendendo il sorso più elegante, dai sentori perfettamente bilanciati e ben amalgamati, dai tannini vellutati. Da godere anche il Moscato De’Oro , dalle sfumature preziose e il sapore dolce, mai stucchevole, perfetto per biscotti secchi, crostate farcite e formaggi stagionati, un peccato resistergli …

Mamoià avrà vita lunga, testimoniata e garantita dalla longevità degli abitanti di questa meravigliosa isola.