Ferrari, San Leonardo ed Endrizzi: parola chiave? Fedeltà

L’hospitalitas è sempre stata una caratteristica delle popolazioni del Mediterraneo. Prima della scoperta dell’America, il Mare Nostrum era il fulcro dell’economia, degli scambi tra i popoli che, seppur antichi, avevano un modus vivendi e operandi ben chiaro. Il fil rouge che legava le differenti civiltà era il senso dell’ospitalità. I primi a emergere per questa caratteristica furono i Greci. L’Iliade e l’Odissea ne sono una reale testimonianza. L’accoglienza di Alcinoo nei confronti di Ulisse lo attesta. Era giusto offrire un pasto e un rifugio a chi bussasse alla propria dimora, una divinità si sarebbe potuta celare nelle vesti di uno straniero.
Questo principio è ancora diffuso nelle regioni del sud Italia, ma anche la buona tradizione vitivinicola lo conosce. Chi è riuscito per talento, per fortuna, per sacrifici di qualche antenato a creare un impero, è stato anche in grado di attorniarsi di dipendenti con i quali dimostrarsi generosi e ai quali trasmettere il senso di appartenenza a un’azienda.
Trentino Alto Adige, regione a statuto speciale, in grado, pertanto di crescere in modo più celere rispetto le altre realtà.

Il metodo classico su questo suolo ha attecchito in maniera esemplare. Perlage fini ed eleganti, sfumature dorate, rosa tenui caratterizzano bollicine inebrianti che hanno offerto un’identità al territorio. Tra le realtà colosso emergono Ferrari, San Leonardo ed Endrizzi. È dall’intuizione di Giulio Ferrari, dalla sua determinazione, dalla sua attrazione verso lo Chardonnay, dalla sua sensibilità per lo Champagne che il Trentino ha mosso i primi passi verso una popolarità mondiale atta a riconoscere le bottiglie Ferrari protagoniste di manifestazioni uniche. Il testimone, a causa di mancanza di prole, passa a Bruno Lunelli, titolare di un’enoteca che trasmette il senso del dovere e l’idea di imprenditorialità ai figli Franco, Gino e Mauro.

Altra realtà è San Leonardo, giardino tra vigne e fiori, luogo ameno dove rifugiarsi e sorseggiare calici rossi voluttuosi e lasciare credere, per qualche istante, di stare altrove. Pater familias il marchese Carlo, classe 1937. Vivace, allegro, dinamico, sempre alla ricerca di nuovi esperimenti e novità.
Tempio del romanticismo è la realtà Endrizzi. Si passeggia tra le vigne, una diversa dall’altra, in un’atmosfera fiabesca. Tra i vitigni emergono Cabernet Sauvignon e Merlot. La quarta generazione della famiglia Endrici è rappresentata da Paolo e Christine. Un vero e proprio tempio per gli estimatori delle uve.
Tre realtà differenti, spiriti governati da inquietudini che hanno saputo cogliere l’attimo e rischiare, persone che hanno avuto il sesto senso ma soprattutto che hanno dimostrato la capacità di scegliere i propri collaboratori, rendendoli parte integrante di disegni, talmente ampi da essere baciati dalla dea Fortuna.
È la fedele Nicoletta a spiegare la storia della famiglia Lunelli, nell’accompagnare per le sale della cantina Ferrari alcuni ospiti, mostrando il video di entrata. Conosce le diverse etichette, rispetta gli altri collaboratori e soprattutto individua i meriti dei suoi datori di lavoro. Saluta i colleghi con rispetto e brinda con loro per il tanto agognato pensionamento.
È la giovane Valentina della tenuta San Leonardo a guidare la jeep per i visitatori, mangia un panino tra una pausa e un’altra, sempre discreta, riconosce l’acume e il fiuto della famiglia Guerrieri Gonzaga. Giovane madre di Leonardo (sarà stato il destino a scegliere il nome), non si risparmia affatto per lavorare quotidianamente con impegno e serietà.
È l’appassionata Renata che parla dei figli e dei nipoti di Paolo e Christine come se fossero i propri. È lei che si emoziona quando spiega le etichette dei vini, che trascina nel far rivivere personaggi leggendari legati all’azienda.
Non sono esclusivamente le colonne portanti e i nomi blasonati a scrivere la storia, ma anche chi li circonda quando si sente capito e apprezzato. Una fortuna reciproca. Non è necessario stare dinnanzi i riflettori ma attorniarsi di persone vere, leali…
John Ruskin, scrittore britannico,  sosteneva: “Il migliore riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie ad essa.”
I grandi e gli apparenti piccoli, lo sanno bene…