Sud Africa: Boland Cellar e i suoi piccoli grandi trofei

 

boland

Il duello tra l’innumerevole presenza di vitigni autoctoni italiani e la popolarità dei calici francesi, quasi sempre, offusca la presenza di altre zone del mondo produttrici dell’inebriante nettare di Bacco.
Il Riesling tedesco dalle note di idrocarburo, l’alcolicità dei vini spagnoli, la balsamicità dello Shiraz australiano, l’intensità del Cabernet Sauvignon californiano… Molte le zone che a partire dagli anni ’60, sebbene la viticoltura fosse iniziata prima, hanno cercato di produrre il prezioso liquido nel migliore dei modi. Interessante la realtà del Sud Africa. La prima vendemmia risale al 1659, i primi vitigni a essere piantati Muscat e Palomino. Ad apportare una grossa mano sulle tecniche di coltivazione i protestanti ugonotti che si sparpagliarono nel mondo in seguito alle persecuzioni religiose.
La zona più vocata ai grappoli dionisiaci è lambita dall’Oceano Atlantico. I suoli granitici e basaltici regalano agli acini una spiccata mineralità. Disparate le realtà vitivinicole. Tra tutte spicca Boland Cellar nella valle di Paarl, protetta dalle montagne del Drakenstein e dagli efflussi della parte costiera di Durbanville. Le condizioni pedoclimatiche generano calici sinuosi, talvolta accattivanti. Chardonnay, Viognier, Sauvignon Blanc, Chenin Blanc, Shiraz, Merlot, Cabernet Sauvignon sono i protagonisti. Il più popolare è il Pinotage, incrocio di Pinot Noir e Cinsault nato nel 1925 per volontà di Abraham Izak Perold, docente di viticultura dell’Università di Stellenbosch.
Differenti le bottiglie, ben fatte, equilibrate, mai banali. Abbinabile One Formation Pinotage Blend 2016 dai toni scuri, richiama la radice di liquirizia, i chiodi di garofano. Gradevolissimo il Reserve No 1 Shiraz 2016, dalle note mentolate, gli sbuffi cioccolatosi, la piacevolezza dell’amarena. Il raggiungimento dell’apoteosi, sembra, però, averlo raggiunto lo Chenin Blanc Reserve N.1 Wooded 2016 assieme al Reserve Chenin Blanc Unwooded 2017. L’ uva bianca esprime il meglio di sé in entrambe le versioni. Nella prima caratteri burrosi, pesca matura, mela cotogna, sprazzi fumé eccitano il naso sostenuti da una buona freschezza e da una lunga scia appagante che invita al godimento. Nell’ “uwooded” l’entusiasmo è maggiore. Eleganza, fragranza, florealità sono perfettamente bilanciate. Il bouquet è generoso, mai eccessivo, la bevuta soddisfacente. Piacevolezza allo stato puro tale da poter essere una buona antagonista del prodotto francese. A chi , però, piace osare e stupire i propri ospiti non con un semplice dessert ma con un assaggio particolarissimo è Cappupino Ccinotage 2018. Il Pinotage ha un aspetto completamente nuovo. Sensazionali la polvere di cacao, le note lattiche succedute da prugna matura, piccoli frutti rossi su un tappeto di spezie dolciastre. Unico nelle sue caratteristiche.
L’azienda va conosciuta e apprezzata in un contesto nel quale il vino ha compiuto passi da gigante in breve tempo e con piccole e grandi soddisfazioni.

 

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