Il Sagrantino dell’Olimpo: Cantina Fratelli Pardi
Ancora incerto il DNA del grappolo Sagrantino, vitigno legato indiscutibilmente alla regione Umbria. Plinio il Vecchio parla di acini di Itriola, qualcuno sostiene che si trattasse dell’uva trasportata dai seguaci di San Francesco nella regione e il nome deriverebbe dall’uso del nettare durante la celebrazione della santa messa e la sua conservazione nella sagrestia. Sorsi diffusi nel periodo medievale e apprezzati durante il Rinascimento. Caratteristica fondamentale? L’annata condiziona tanto il quadro complessivo dell’assaggio, più di altri vitigni.
La cittadina di Montefalco nota per il museo di San Francesco, per il castello, per la cucina locale ospita anche la Cantina Fratelli Pardi oggi giunta alla quarta generazione di viticoltori rappresentata dall’entusiasmo di Albertino e Gianluca. Dieci le etichette prodotte tra le quali uno stuzzicante spumante di Trebbiano Spoletino, un Montefalco Rosso tutto pasto e un passito Sagrantino perfetto per il cioccolato e la Dobos torte ungherese. Undici ettari di vigneto dislocati in cinque disparate aree sul versante sud della collina di Montefalco.
Così si apre una verticale tutta italiana che testimonia la biodiversità di un Paese unico al mondo ancora tutto da raccontare.
Il Sagrantino annata 2019 è un fagottino dai gemiti acuti che esprime la forza e le potenzialità di Eracle la cui nascita testimonia l’infedeltà di Zeus nei confronti della moglie Era, poiché nato da una relazione extraconiugale con Alcmena, ingannata dalla divinità perché prende le sembianze del coniuge Anfitrione. Così la dea tradita invia all’infante due serpenti velenosi che tentano di strangolarlo nella culla, ma il pargolo li afferra entrambi, uno per ogni manina, difendendosi, dimostrando così un avvenire glorioso. Un rubino dall’unghia appena purpurea concede un sorso immediato, nitido, verticale leggermente tannico ma fortemente elegante.
Il 2018 sprigiona la solarità del dio Apollo. Pepe nero, chiodi di garofano, lavanda, ciliegia rappresentano la divinità che attraversa il cielo su un cocchio di fuoco trainato da quattro cavalli alati… Illumina, consola e riscalda.
Il 2016 dalle nuance più granato esprime un bouquet di piccoli frutti rossi come ribes e gelso su sbuffi di carruba, coriandolo e ginepro, una sinuosa Venere di Milo, che si lascia osservare, annusare, godere…
Ingiustamente condannata l’annata 2014, per molti considerata disastrosa, con l’affinamento in bottiglia raggiunge l’apoteosi. Un colore impenetrabile, in apparenza misterioso, al naso e in bocca si svela lentamente. Elegantemente concreta. Si tratta di Mercurio, messaggero degli dei, protettore dei viaggiatori e dei ladri, infatti ruba il cuore… Lo rapisce e non lo lascia più. Note di cioccolato fondente, polvere di caffè, canfora, mallo di noce su aliti di scatola di sigari ed eucalipto.
Il 2006 si godrebbe con un buon brasato… Un po’ meno fresco in bocca ma gli aromi restano affascinanti. Siamo certi che Prometeo lo avrebbe apprezzato già solo per la sua determinazione, proprio quella rappresentata dallo stesso Titano.
Fil rouge? Balsamicità, speziatura e note fumé che vagheggiano altri tempi, altri personaggi … Altri spiriti, quelli ebbri.