Derthona ormeggia a Portofino






Sulla sponda destra dello Scrivia, tra la pianura di Marengo e l’Appennino ligure, in provincia di Alessandria, si erge il comune di Tortona il cui clima, rispetto il resto della regione, è meno piovoso con temperature un po’ più alte. I reperti archeologici oscillano dal Neolitico, testimoniano la presenza dei Cavalieri Templari, per giungere a costruzioni successive come il Palazzo vescovile e la Chiesa di Santa Maria Canale. In quest’area, un po’ differente dal Piemonte, Walter Massa, vignaiolo “autoctono”, è riuscito a ridare dignità a un vitigno che sembrava essere dimenticato: il Timorasso. Ancora incerta l’etimologia della parola. Per alcuni si potrebbe collegare all’aggettivo timido, poiché si tratterebbe di un’uva tardiva che oggi, in realtà, non è; sarebbe, invece, un grappolo docile o un acino semplice e piacevole? Non è facile affondare le radici in storie che si aggrovigliano a leggende, detti popolari e sapori di un tempo. Per alcuni è il Gragnolato reso noto da Pier de Crescenzi, scrittore e agronomo italiano, o del simile Gragnuolò descritto da Giuseppe Acerbi nobiluomo anche archeologo e naturalista.
Massa, in poco tempo, diventa il leader della zona spingendo anche gli altri vignaioli a riprendere la coltivazione di quest’uva, offrendo loro un appoggio concreto e morale su un progetto che sembrava una chimera che, invece, si concretizza con un seguito per nulla indifferente. Così nasce Derthona, antico nome latino della cittadina, calice appartenente alla DOC Colli Tortonesi. Un tripudio di sentori floreali, fruttati, erbacei, ma soprattutto minerali. Il vitigno risulta adatto all’invecchiamento, sprigiona una spiccata acidità e una buona alcolicità. Con il trascorrere del tempo l’affascinante l’aroma di cherosene aumenta tanto da sembrare un Riesling. Oggi il Consorzio tutela vini Colli Tortonesi è costituito da un numero elevato di cantine che segue i principi della sostenibilità, piani di miglioramento in modo armonico e solidale. Si è creato un gruppo che crede nella qualità e nella diffusione del Timorasso. La bottiglia trova riscontro in Italia e nel mondo versando calici infiniti che lasciano sognare. Portofino location agognata da numerosi milionari è diventata una meta obbligatoria non solo per chi, talvolta, ostenta la propria opulenza ma anche un percorso sul quale degustare questo inebriante nettare.
Così sfilano le bottiglie come automobili confrontandosi tra “motori” più moderni e altri d’epoca, tutte eleganti e vincenti. Giunge il Consorzio Tutela vini Colli Tortonesi Derthona Timorasso 2021 dalle nuance paglierino luminoso. Nitido sia al naso che al gusto, pulizia estrema, armonia, erba appena tagliata, salvia, menta si intrecciano su un tappeto agrumato. Estrema abbinabilità al cibo, un tutto pasto. Nella versione 2019 il nettare sprigiona note di cherosene, percoca, un soave cenno fumé. Assaggio didattico ed eloquente per chi non conoscesse l’uva.
Spicca la cantina Sassaia il cui nome evoca la presenza di rocce di origine marina. Il timoniere di una realtà così ben definita, sebbene giovane, è Enrico de Alessandrini, italo americano, amante dei vini di Borgogna ai quali si è molto ispirato, dall’ingegno italiano e la visione internazionale. La realtà è variegata spazia dalle bollicine ai rossi tra i quali una Barbera identificabile, dalla giusta personalità e l’armonia inconfondibile per arrivare al sontuoso Barolo. Il Timorasso 2021 è un sorso longevo. Pesca gialla, acacia, citronella, lime su schizzi di mentuccia, bacca di vaniglia, burro fuso, cherosene si distinguono, l’assaggio è appagante. La versione Platinum Riserva 2019, che sosta un anno in barrique e due anni di affinamento in bottiglia, rasenta la perfezione. Una primadonna consapevole di distinguersi senza dover sgomitare. Miele di acacia, caramello, tostatura, soave polvere da sparo concedono un assaggio esplosivo dal lungo epilogo. Da condividere solo con chi ne è all’altezza.
Un Timorasso dalle nuance dorate, proveniente dal Mar Nero è Lerici 2021 della Beykush winery, parola chiave? Opulenza. Albicocca, frutto della passione, susina, cappero, cherosene. In bocca il sapore è più snello, finale ammandorlato dagli schizzi salmastri. Un’ interpretazione del vitigno completamente inusuale. L’alter ego Fantasy 2019 dalla spiccata acidità vagheggia pinus mugo, canfora, incenso, rosa gialla. Il sapore è copioso, inconsueto. Divide gli assaggiatori tra sostenitori e non. Inusuale.
Tre modi di interpretare un vitigno la cui storia deve essere ancora scritta e soprattutto sorseggiata perché il meglio deve ancora essere scolpito…
