Il vino del ❤️: Barolo Riserva Bricco Boschis Vigna San Giuseppe 2006

Incerta ancora l’origine del Barolo. Notizia sicura è che rientri tra i nettari più conosciuti al mondo. La sua fama è da attribuire a figure come Juliette Victurine Colbert sposa del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, al  generale Francesco Staglieno e all’enologo francese Louis Oudart. L’obiettivo di quel periodo storico  (prima metà dell’Ottocento) era di ottenere vini dolci, tanto apprezzati. Il Barolo cambiò la tendenza. Generato da Nebbiolo al 100%, oggi in Piemonte è la bottiglia più ambita. Numerose le cantine che ne vantano la produzione, alcune delle quali generano sorsi interessanti. Tra tutte spicca Cavallotto. Ad avere l’intuizione è Giacomo all’inizio del secolo scorso. Uomo laborioso trasmette la passione a Olivo e Gildo per giungere a Giuseppe e Marcello che capiscono l’unicità del suolo, l’importanza delle escursioni termiche e la fortunata esposizione al sole. Oggi l’azienda è grande e tra le migliori.

Ho avuto la fortuna, la scorsa estate, di assaggiare due annate come 2008 e 2006. Si sa che la prima sia stata molto buona, non dimentichiamo che il Dom Perignon del 2008 è tra i più quotati ( assaggiato ) , ma il 2006 è commovente. Ci sono emozioni nella vita che non si dimenticano come il primo amore, la maternità, l’affetto di una persona cara … Non è banale che anche il sorseggiare alcuni calici riproduca la medesima sensazione. Uno di schizzo granato trasparente lascia intendere che non si concede facilmente. Chi non ricorda il fascino di Sean Connery? Non esiste età per alcune persone, anzi più invecchiano e più emanano un charme tutto loro. Possiedono una personalità tale che riescono a interpretare ruoli come 007 fino ad arrivare alla consacrazione del successo nei panni di Guglielmo da Baskerville ne Il nome della Rosa. Bricco Boschis Riserva San Giuseppe è così, ogni annata è un film da Oscar. Il 2006 lascia scendere una lacrima al fortunato avventore. Il profumo è elegantemente inebriante. Il cuoio di pelle lucida e fine rammenta la griffe dei tuoi sogni. Noce moscata, pepe nero, rabarbaro, tabacco, curry con soavi sbuffi di cumino, polvere di caffè e liquirizia, solo nel finale un po‘ di frutta rossa. Un pot – pourri di peonia, violetta e glicine concede una venatura di delicatezza. Il sorso è infinito. Esiste un incipit non un epilogo. I tannini diafani, l’ancora presente acidità, la scia che racchiude gli aromi citati e non solo, spiega il motivo per il quale il sangue di Cristo ha deciso di trasformarsi in vino.

 

Grazie famiglia Cavallotto.